di Sebastiano A. Patanè-Ferro

martedì 3 settembre 2013

Doris Emilia Bragagnini


Oltreverso (il latte sulla porta) – Zona Edizioni


Nel nido più alto
lo squarcio nel cielo
induce al raggiro
che io torni e traduca
il verso oltreverso

Con questi versi esordisce Doris Emilia Bragagnini in questo libro pieno di musica.
Mi hanno sempre affascinato i suoni di questa poeta dalla scrittura riservata ma tagliente; apparentemente appena accennata e stretta nella sua dimensione di pensiero ma, evidentemente, pronta alla deflagrazione per espandersi nell’oltre di quel verso, per diventare gesto e concretezza (consistenza di pensiero/che ansimando evapora/in mille gocce di rubino) in una dimensione non più solamente sua ma dell’intero attorno a sé. Il tempo, se non quello musicale, sembra non aver consistenza nell’ambiente poetico dove si muove anzi, proprio lì, in quel suo territorio, ne domina i residui correggendolo verso uno scandire personale (ultimo bacio freddo al cielo/di tormento già concluso/-insieme al battito-) che risolve e riapre la sensazione di “squarcio temporale” più che di passato e, quindi, attesa.
M’impressiona la capacità della Bragagnini, di rendere dinamico il pensiero racchiuso in una serie di insiemi statici, di come riesce a muovere il fondo senza minimamente sfiorare la superficie e l’atteggiamento poetico, che respira di proprio, quasi fosse un’entità a sé, ma in simbiosi con un’attività parossistica interiore del corpo e i suoi legami (Potesse uscire/questo squarcio eterno/arrotolarsi su se stesso/e scorrere…) in un fluire fine a se stesso ma senza la necessità di separarsi. La funzione geografico-affettiva, le posizioni e le dinamiche circoscritte, sono il palcoscenico di questa poesia viva e vissuta che Doris Emilia Braganini ci propone, poesia che non ha simboli ma evidenze; che non sfocia con un delta bensì con un enorme estuario verso i sentimenti accesi o corrosi e si svolge con carismatica chiarezza e coinvolgente sensualità dalla base al vertice.
A tratti, da questa parte dell’anima, Doris si affaccia ad osservare come quell’attorno a sé si muove con tutte le sue meraviglie ma anche con quei proiettili devastanti che determinano il passo e la velocità e li descrive, questi momenti, con parole entro una gamma di suoni illimitata tra danze amare, pianti risolutori e grandi slanci di passione.
Ecco come leggo Doris Emilia Bragagnini, poeta che stimo per eleganza e capacità trasmissiva.

Già pubblicato su WSF






Immobile flamenco


Provo a guardare
eppure non ho occhi
di ragioni escluse
vuoti dipanati
con nebbie latitanti

Quei vuoti sono
abissi bui, moltitudini
di fantasmi andati, volta
di un inchiostro assiderato
immobile flamenco
dettato a labbra strette

Tacchi in tasca non consumo
petali di passi antichi
pronti a piedi scalzi

La tua danza assorbe l’ora
frazione di colore
il mentre che divora



Assoluzione sinfonica

Assoluzione sinfonica
contrattempo - di un banale schianto

luci imperterrite, a ritroso propagate
scia di passi storti in branchie asciutte
e quel parlare ovvio, mattoncini -lego-
infilati in bocca

Saprei cadere non ci fosse gravità
(il mio volo è approssimato)
devio volantini all’ingresso di un cinema all’aperto

posso precipitare all’infinito...




gatta

un piano fulgimediale
di stelle sbriciolanti cielo
e faville di scioltezze

in questa sera immane
dove gatta
è quella morbida sfattezza
di una vita a peso piuma
non intinta
nell’inchiostro dell’avverso
, mi preme
il suo solletico a - strapiombo


siderale

vorrei zittirlo, il non detto
quando arraffa stretto il seno
il non scorrere dei rami lungo i vetri
e paesaggi ininterrotti, artigliati
intorno a zigomi di sbieco

un orecchino solo
il resto reclinato sotto muri ceralacca
e gambe, senza rete - a filo -
dritto il laccio, fiore o perla da sedare
ciò che dentro è tonfo sordo (Griet)

di dirigere a memoria
cerchi piccoli, con la punta delle dita
brucia il palmo teso avanti
un giorno dopo l'altro - a capo
tra cuscini di un giardino siderale

sciogliere il vermiglio, la gota spaiata
deciderà l'inverno, torbido indietro di crespo
o - sapore di lago - trementina, sulle labbra


Il balzo

Come una stretta (ma no, è fretta)
di polmoni latrati
e un cuscino appoggiato, a rapprendere il balzo

potrei morirmi tra le braccia - ora -
tanto stringo quanto manca
soffocando di parole inerti
restituendo al mondo quanto non ho tolto

- finalmente dirlo - nel lasciarlo andare
precipitarlo con un vestito sceso, scalciato sotto il letto
e chiuderò la stanza la pelle a raggrinzire
orrendamente offerta a quanto più non voglio

Sfregavo il ghiaccio e mi sfaldavo io
sopra giorni rattrappiti, schiacciati
come insetti sul soffitto

ne sgombrerò la vista con un gesto freddo
zucchero negli occhi asciutti
quanto il tuo restarmi dentro - eterno - d'umido sgranato
ex voto, cera dura a lume spento 




Doris Emilia Bragagnini viene al mondo in provincia di Udine, pensa così la sua essenziale biografia: ”nata nel nordest vive da sempre a due passi da sé, qualche volta v’inciampa e ne scrive”. Compare in alcune antologie, prefazioni per sillogi poetiche, redattrice in Neobar è ospitata anche in altri siti letterari web: Filosofi Per Caso, Il Giardino dei Poeti, Torno Giovedì, Viadellebelledonne, Carte Sensibili, La Poesia e lo Spirito, La Dimora del Tempo Sospeso, Le Vie Poetiche. Ha partecipato al poemetto collettivo “La Versione di Giuseppe. Poeti per don Tonino Bello” (ed. Accademia di Terra d’Otranto, Neobar 2011). Inserita nell’antologia Fragmenta (premio Ulteriora Mirari ed. Smasher 2011). “Oltreverso, il latte sulla porta” (ed. Zona 2012) è la sua opera prima. Cura il blog personale "Inapparente Crèmisi".





Nessun commento: