di Sebastiano A. Patanè-Ferro

giovedì 13 marzo 2014

Marisa Guagliardito



poesia in forma di amore

"Poesia elegante" la definisce Francesco Palmieri e non si può essere che d'accordo!

Quello che scopro, leggendo e rileggendo Marisa Guagliardito, è un continuo rigenerarsi delle significanze, delle chiavi mobili offerte, all’interno di un impianto poetico stabile e non costretto dal tempo. Marisa gioca con la parola dentro uno spazio proprio che, però, riesce a mutare in atteggiamento comune a tanti, senza ridondare, senza sforare, assolutamente entro quel cerchio che lei ha voluto, ma non per clausura, anzi per simmetria con i sentimenti, con un’intimità che, infine, è di tutti.
La poesia della Guagliardito ha una densità spiazzante e, nello stesso tempo, si assorbe con la leggerezza sottile di una carezza. Il tempo, pare non avere grande importanza nell’ambiente dei suoi accadimenti poetici e sembra preferire un soggetto spaziale e pieno di elementi reali, tenendosi a distanza dal fiabesco o, comunque, dall’onirico e non mostra alcuna “timidezza” nell’esternare il classico “pane al pane, vino al vino”. E’ una dimensione dove reale e poesia si fondono per dar vita a una schiera di emozioni che arrivano direttamente all’interno di noi lettori, senza filtri e paramenti.

Ci sono parole che, prese da sole, di poetico hanno poco ma ecco che, nel profondo di quell’anima nobile, queste si accostano componendo immagini che s’innalzano e volano verso i suoni armoniosi della poesia.
Marisa Guagliardito, con la sua voce, si muove in un’area poetica che la rappresenta interamente; lei che vede il vuoto di un nulla, che le mastica le mani; che dichiara infinito l’immoto sorriso delle bambole o che sono gli steli dei sospiri che ingabbiano le bocche, lei ha la poesia in sé e da una donnapoesia ci si può aspettare solo bellezza.


*

La forma vacua dello zero mastica le mani
(freddezza minerale)
tra le dita
melmosa nera d'amore
fino all'orlo dello scavo
liberandoti
morrà

(se due mani uguali
non esistono
due pupille attendono
se due albe uguali
non esistono
siamo incastri di papille e voce)

*

Quello che c'è dentro e non si vede
è come il bucaneve nel letto neve
delle nostre fioriture
albeggia senza luce.
Quello che c'è dentro e non si vede
è una spunta di speranza
calda dalla finestra insonne.
E' la mano che ci tiene
come un acino maturo.

*

L'infinito ha il sorriso delle bambole.
- Mi si rompe il cuore qualche giorno,
così -
L' infinito è una crepa
arresa nella luce
la sedia piantata
al centro più alto del tuo cuore.
Così.

*

Le gabbie delle bocche sono steli
di sospiri
a miliardi
e miliardi di distanze

a pacchi a sacchi
a mucchi a spicchi
a macchie

senza confine

sono aperta
forma piena nello specchio

*

Le pause sono vermi a mucchi.
Indici puntati agli occhi.

È un sollievo il solletico del foglio
il programma della festa
e la poesia
si propaga come uno sbadiglio.

Le ascese sono rosse
punte oblique
lava
di carezze ai fianchi.




 Marisa Guagliardito è nata a Palermo dove stabilmente risiede. Docente nella Scuola Primaria. I suoi testi, presentati in letture poetiche tenutesi nella sua città, compaiono in diversi blog e riviste on line. A tutt’oggi la sua produzione poetica risulta interamente inedita.


3 commenti:

Anonimo ha detto...

La poesia di Marisa Guagliardito ha più ingressi ma solo uno porta al significato ultimo.

Francesca Coppola ha detto...

"l'infinito ha il sorriso delle bambole"

si tratta di una scrittura densa ma scorrevole, pochi versi con una gran quantità di significati ed emozioni. Sicuramente una bella scoperta Seb, piacevole e competente la tua presentazione. Un caro saluto. Francesca

Selciato ha detto...

Prima di tutto complimenti per il blog; come ho scritto altrove, credo che in quest'era distratta e claudicante dare spazio a voci poetiche nuove sia un qualcosa di meritorio.

Questa poesia poi mi ha colpito per come riesce a tenere insieme una forte impennata astratta con una sensibilità ruvida, terrestre, nomade, autenticamente femminile. Specialmente l'ultima poteva essere un quadro di Bacon - ma di nuovo, con quel tocco di grazia femminile che troppo spesso oggi l'uomo deve rimpiangere.